Piergiorgio Tosoni, un insegnante sempre in dialogo e in ascolto, catalizzatore di lezioni che erano un confronto continuo e aperto con diverse generazioni di studenti. Centinaia, forse qualche migliaio gli studenti che hanno avuto la fortuna di incontrarlo lungo il loro percorso. Il suo è stato un impegno totalizzante che lo vedeva lavorare incessantemente, sempre impegnato a inventare un diverso modo di insegnare e imparare.
Un grande sforzo che aveva come fine quello di immaginare e definire un diverso modo di essere progettisti e architetti avendo per ambizioso obiettivo quello di arrivare alla consapevolezza di poter cambiare se stessi e il mondo.

Intro

A lezione con Piergiorgio Tosoni di Maurizio Cilli e Stefano Mirti

La differenza fra noi e gli allievi affidati alle nostre cure sta solo in ciò che noi abbiamo percorso un più lungo tratto della parabola della vita. Se gli allievi non capiscono, il torto è dell’insegnante che non sa spiegare. Né vale addossare la responsabilità alle scuole inferiori. Dobbiamo prendere gli allievi come sono, e richiamare ciò che essi hanno dimenticato, o studiato sotto altra nomenclatura. Se l’insegnante tormenta i suoi alunni, e invece di cattivarsi il loro amore, eccita odio contro di sé e la scienza che insegna, non solo il suo insegnamento sarà negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà per lui un continuo tormento. Ognuno si fabbrica la sua fortuna, buona o cattiva. Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. Così disse Giove, e lo riferisce Omero (Odissea I, 24). Con questi principii, caro lettore e collega, vivrai felice.
(Giuseppe Peano, “Giochi di aritmetica e problemi interessanti”, 1924)

 

Siamo dunque arrivati a una nuova puntata di Archivi d’Affetto. Nel primo episodio l’affetto del titolo si riferiva al rapporto personale, intellettuale, esistenziale tra Laura Castagno e Leonardo Mosso. Nel secondo episodio, l’affetto andava ricercato nel forte legame emozionale ed esistenziale tra Alda Farinella, i suoi designer preferiti e la variegata clientela di Jana. In questo terzo episodio andiamo a indagare l’affetto che si viene a stabilire tra un docente (carismatico e generoso) e i suoi allievi.

 

Specificatamente tratteremo delle esperienze didattiche di Piergiorgio Tosoni, professore del corso di Teoria dei modelli per la Progettazione presso la Facoltà di Architettura di Torino. Era la prima metà degli anni ‘90 del secolo scorso. Anni così vicini e nel contempo così lontani: un’occasione per ragionare su questo passato prossimo che si sta trasformando in remoto.

 

Una puntata / evento dalla struttura lineare, tre i temi su cui confrontarsi e ragionare. Si parte dal metodo didattico di quel corso e la peculiare relazione che si veniva a creare tra docente e discenti. A cui si affianca un ulteriore ragionamento sul quadro politico all’interno del quale queste relazioni prendevano forma. Infine, molto fascinosa, la tematica del disegno e della scrittura a mano come strumento di esplorazione e scoperta del mondo.

 

John Berger nel suo saggio “Sul disegnare” definisce il disegno come la pietra di un guado, un processo di conoscenza con il quale matura la consapevolezza verso le cose o lo spazio. Ecco, non si può ragionare su quel corso e su quegli anni senza toccare anche il tema della tecnica.

 

Come tutti ben sappiamo McLuhan è sempre lì a rammentarci che il medium è il messaggio: raramente si è vista una compenetrazione (e sovrapposizione e tensione) così sofisticata tra questi due livelli. Testi scritti a mano che completano disegni e riproduzioni. Spunti molteplici e diversificati. Pensieri che si fanno tratto d’inchiostro, linee disegnate che aprono mondi concettuali inaspettati.

 

Nel corso degli anni molti sono stati i fortunati studenti a fruire di questo meccanismo relazionale: questa puntata di Archivi d’Affetto è pensata per condividere questo gioco paziente (nelle parole di Pier) con un pubblico il più possibile ampio e allargato.
Il primo livello di indagine è riferito al metodo didattico. Nei suoi appunti leggiamo: “apprendere sperimentando”, “leggere, osservare, interrogare un testo”, “applicare il linguaggio al mondo”.

 

Troviamo poi un altro passaggio illuminante, riferito al suo mentore e riferimento Biagio Garzena: “…le lezioni erano per lui (Garzena, ndr) un’occasione di impegno intellettuale molto serio, ma anche di gratificazione, di gusto per la narrazione e il racconto… …piccole esercitazioni che lui chiamava giochi di pazienza. Seguiva con grande interesse le lunghe discussioni, apparentemente disordinate, dispersive, aggrovigliate in cui si lanciavano gli studenti, e che lui sapeva innescare con provocazioni sapienti, dando spesso la sensazione di essere stato l’unico, tra i presenti, a venirsene via con un qualche cosa di nitido e di prezioso”.

 

Ecco, quel metodo acquisito dalla lunga frequentazione con Garzena, diventa il carattere distintivo di una serie di lezioni e corsi, vero e proprio oggetto di culto all’interno della facoltà di architettura della prima metà degli anni ‘90.

 

Un meccanismo iterativo che si ripeteva uguale e diverso, settimana dopo settimana: un tema di lavoro inaspettato spiegato e poi condiviso su un foglio A4 fotocopiato. Il lavoro personale o di gruppo in classe e/o a casa e poi la settimana successiva una lunga discussione collettiva in cui si perdeva la cognizione del tempo, dei ruoli, di tutto.

 

La lezione non era quindi un momento di trasferimento di sapere verticale (dal docente che sa al discente che non sa e che deve imparare) ma erano lunghe conversazioni tra studenti che avevano passato la settimana precedente a prepararsi, disegnando, scrivendo, progettando. Con il docente a fungere da stimolo e da catalizzatore. Sempre in posizione di ascolto, senza mai prevaricare, senza mai doversi fare portatore di una soluzione ottimale piuttosto che di una risposta data.

Rispetto ai meccanismi tipici dell’università italiana, un rovesciamento completo. Allora (e adesso) cosa rara e preziosa.

 

Abbiamo poi un secondo livello di riflessione, riferito all’impegno politico.
Piergiorgio Tosoni era un docente generoso non necessariamente (diciamo non solo) per indole personale, quanto piuttosto per attitudine ideologica. Abbiamo lottato tanto perché l’università diventasse per tutti, adesso che la massa è arrivata, come ci si organizza? Come si lavora? Come trasformare questa sfida e queste difficoltà in nuovi approcci, in nuovi contenuti?

 

Decine, centinaia e poi migliaia di studenti. Da formare, da seguire, da fare crescere. Con i corsi, con i laboratori, con le tesi. Un impegno totalizzante che lo vedeva sempre in prima in linea. A lezione, nei corsi, nella vita del dipartimento e della facoltà, seguendo un grandissimo numero di tesi, in ruoli via via più importanti all’interno della macchina organizzativa del Politecnico. Ripensando alle lezioni del corso di Teoria dei Modelli capiamo che erano lezioni speciali non solo per l’interesse e la piacevolezza degli scambi e delle conversazioni. Erano lezioni speciali perché andavano a delineare una facoltà possibile, un modo diverso di imparare.

 

Una possibile apertura che era figlia di un percorso culturale, politico, sociale che era durato diversi decenni. E che forse proprio a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 arriva a conclusione. Di nuovo, interessante ragionare su queste profonde trasformazioni che nel giro di pochi anni hanno completamente trasformato le nostre facoltà e i processi di apprendimento di quello che dovrebbe essere il mestiere dell’architetto. Da qui si potrebbe poi domandarsi chi è l’architetto e qual è il suo ruolo nella società. Ma lasciamo questo confronto agli ospiti che saranno con noi nella giornata di studio.

 

Infine, il terzo livello è quello del disegno, dell’esercizio manuale. E qui torniamo alla citazione iniziale di John Berger. Il disegno come strumento di conoscenza ed esplorazione del mondo e di se stessi. Anche qui, una grandissima lezione, il cui valore rimane intatto – se non addirittura diventato ancora più forte e rimarchevole – dopo tutti questi anni.

 

Dal punto di vista tecnico si tratta di un disegno speciale e particolare. Scrive Agostino Magnaghi in merito: “I (suoi) disegni astratti o realistici sono sovente eseguiti con la tecnica del calco, ovvero il ri-disegno di un tracciato emozionale che investe persone e città, quadri e pitture, modelli e schemi e apparati costruttivi. Inseriti nei libri tali disegni potrebbero apparire come espedienti per superare i limiti del copyright. In realtà questa pratica mette in evidenza, nella molteplicità di informazioni di partenza, solo ciò che è essenziale e necessario alla rappresentazione. Selezionare il reale attraverso il disegno – lo ha sostenuto più volte – con la tecnica del ri-calco, significava espungere dal focus dei contenuti narrativi ogni informazione secondaria.”

 

Disegno, ri-disegno, ri-calco, selezione del reale. Qui si potrebbe allargare di nuovo lo sguardo verso i terreni dei geografi, verso i corsi di geografia tenuti in facoltà in quegli stessi anni da Giuseppe Dematteis, mondi che Tosoni conosceva bene. Magari in una prossima puntata…

 

Tornando al disegno, in trent’anni il mondo è diventato digitale. Nessuno di noi usa più la rapidograph, la carta da lucido, ritagli, fotocopie ingrandite e impicciolite rifinite con il bianchetto. Forse però, proprio perché viviamo in un mondo completamente smaterializzato, questo agire minuzioso e attento ci sembra di fondamentale valore. Una sofisticazione intellettuale che si intesse di lavoro manuale, scrivere a mano, e disegnare e ri-disegnare come atto di apprendimento. La calligrafia e il disegno per capire, per registrare, per sintetizzare. Attenzione: tutto questo evitando qualsivoglia artisticità e forma di compiacimento. Si lavora in questo modo non perché sia bello, quanto piuttosto perché è giusto.

 

Anche qui, di nuovo, grandissima lezione e spunto di molteplici riflessioni possibili.

 

Potremmo andare avanti a lungo. Ogni tema si apre su nuove questioni e domande, esattamente come erano le lezioni del corso. È invece il momento di concludere questo testo. L’insegnamento, l’impegno, il disegno. Tre parole chiave che non sempre si trovano assieme.

Adesso, come se fossimo a lezione, chi ha qualcosa da dire su questo argomento?

 

  • John Berger, Sul disegnare, Il Saggiatore, 2017.
  • Henri Focillon, Elogio della mano. In: La vita delle forme – Elogio della mano. Einaudi, 2002.
  • Agostino Magnaghi, Ricordo d’un compagno di viaggio «lungo i sentieri dell’architettura. Sta in: Atti e Rassegna Tecnica, nr. 1/2/3, dicembre 2017.
  • Piergiorgio Tosoni, Esperienze didattiche alla Facoltà di Architettura di Torino, 1975 / 1994. Dal catalogo della mostra: Lungo i sentieri dell’architettura, Politecnico di Torino, 2018.
  • Piergiorgio Tosoni (a cura di): Il gioco paziente. Biagio Garzena e la teoria dei modelli per la progettazione, Celid, 2008.

Chi

Piergiorgio Tosoni di Maurizio Cilli e Stefano Mirti

Piergiorgio Tosoni dopo la Laurea in Architettura e le prime esperienze professionali, tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, nel 1975 entra a far parte del COAR – Collettivo di Architettura, su invito di Biagio Garzena, suo mentore che lo introduce anche alle prime esperienze di insegnamento. L’esperienza nel COAR incide in modo decisivo al grado di apertura alla progettazione, dall’urbanistica all’architettura in ogni campo culturale, politico e sociale. Un approccio critico capace di contribuire in modo non marginale alla critica della società dominata dai rapporti capitalistici e alla costruzione di una nuova società in continua evoluzione verso il socialismo.

 

Dal 1993 P.T. lascia il COAR per dedicarsi alla didattica a tempo pieno, i suoi corsi sono animati da una fortissima empatia con i suoi numerosissimi studenti, ai quali propone con il suo insegnamento il valore culturale del progetto in chiave maieutica:

letture di luoghi attraverso la lettura di testi di grandi scrittori, brani di canzoni, nei quali emerge la potenza della parola, le polisemie, strumento di metafora e struttura poetica.

 

Dalla parola al segno, Piergiorgio Tosoni, disegnatore infaticabile e straordinario imprime nel suo insegnamento del progetto l’importanza del significato profondo della rappresentazione La raccolta qui di alcune delle sue esercitazioni, sono la viva testimonianza del mirabile valore della sua lezione. Gli studenti lo hanno amato per la sua grazia gentile e le sue continue sollecitazioni a misurarsi con i tempi del dubbio, della verifica, e alla riflessione aperta al confronto.

Testo

Case e città. A lezione di umanità e architettura di Riccardo Balbo

Il mio modo di lavorare e stare al mondo è indubbiamente l’esito dell’incontro con cinque persone (tra cui i miei genitori): Piergiorgio Tosoni è stato certamente il più importante tra queste.

È complicato spiegare la ricchezza di una persona quando gli si è pochi centimetri, e a volte i distacchi sono l’unico modo per apprezzare la solidità del rapporto e constatare l’avvenuta fusione, che si capisce continuerà nel tempo anche a dispetto anche della scomparsa.

La storia di Piergiorgio Tosoni è quella di un giovane Architetto laureatosi con Carlo Mollino con una tesi di Scienza delle Costruzioni su un progetto di ponte strallato sullo Stretto di Messina (sono certo che ci faremmo delle grosse risate insieme adesso); un laureato che non ha difficoltà a trovare lavoro presso gli studi di ingegneria di Torino che alla fine degli anni ’60 presentano anche tre “progetti” di edilizia (in  una città che sta per raddoppiare il numero dei suoi abitanti) ogni settimana; un giovane professionista che considera immediatamente l’etica e l’impegno per i più deboli sufficienti a lasciare ad altri il “mercato professionale”, ricco per i guadagni, povero per i compromessi; un fresco assistente universitario che entra nella facoltà di Architettura in un momento culturale che disegnerà in modo indelebile la traiettoria di moltissimi studenti, ricerche, progetti e dello stesso Ateneo.

Negli anni ha insegnato il progetto di architettura in molti corsi; ma Pier è ricordato da tutti per i corsi di Teoria dei Modelli per la Progettazione e Analisi della Morfologia Urbana e delle Tipologie edilizie, più delle esperienze di sublimazione interdisciplinare e di catarsi culturale, con poi esercizi o lezioni che ponevano temi più come scusa che come argomento reale.

Non aveva un “metodo”: il suo era puro desiderio di entrare e stabilire connessioni con le persone e tra le “cose del mondo”, una dote caratteriale e poi sviluppata nei molti anni di lavoro e impegno. Quella stessa connessione era la molla per curiosità e rispetto verso l’altro, verso il diverso, che per lui (e poi molti di noi) sta alla base dell’autenticità del progetto. La chiamavamo “umiltà progettuale”, opposta a “muscolarità”. E per Pier, se l’architettura di valore era “umile e parsimoniosa”, la poteva progettare solo un individuo umile, affermando che vita e lavoro sono sempre intrecciate su uno sfondo di valori forti e conoscenze.

 

Amava ripetere che “ognuno scrive il proprio libro dell’architettura”, stimolando e non consegnando; ma spulciando tra i suoi libri vanno ricordati “L’autore e i suoi doppi” di Kilito, “Le voci di Marrakech” di Canetti e “La forma del tempo” di Kubler. In essi si tratteggia l’impossibilità di determinazione del progetto se affrontato come un esercizio di auto affermazione e isolato dal resto (il “con-testo”), privo di volontà di ascolto, dove regole e sentimenti – i “metodi e fantasmi” di Leonardo – si rincorrono senza sosta. E la politica era innanzitutto un tema civiltà, poi di orientamenti. ”Le persone più pericolose in assoluto non sono i nemici, ma i qualunquisti e gli stupidi”. L’architettura per Pier è innanzitutto una questione di responsabilità: qualsiasi gesto, affermazione o decisione hanno delle implicazioni, e quindi vanno usati con cautela e cura.

Il progetto non era e non è solo l’occasione per dire delle cose al mondo, ma principalmente per prevedere gli effetti sul mondo dopo averle dette.

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Riccardo Balbo

Architetto, Dottore di ricerca in Teoria e costruzione dell’architettura, è Academic Chief Officer e Direttore Accademico del Gruppo IED, Presidente della Fondazione Francesco Morelli, Ente proprietario dell’Istituto Europeo di Design.
È esperto ANVUR per la valutazione del sistema AFAM e National Foreign Expert “1000 people” per il Governo della Repubblica Popolare Cinese, società di consulenza e istituzioni.
Direttore IED Torino fino al 2017, dal 2008 al 2013 ha diretto i Master in Urban Design and Regeneration e in Digital Architectural Design presso la School of the Built Environment della University of Salford (UK), dove ha
partecipato alla fondazione del gruppo di ricerca MIND (Mediated Intelligence in Design).
Le parole chiave della sua ricerca sono: progettazione architettonica digitale, innovazione guidata dal design, educazione al design, conoscenza e creatività, rigenerazione urbana, riqualificazione urbana, smart city.

Testo

Insegnare creatività condivisa di Andrea Bocco

In senso stretto, non sono stato allievo di Tosoni, sono stato allievo di Garzena, anzi mi sarei laureato con lui se non fosse morto prematuramente. Alla sua morte, la posizione accademica di Tosoni era debole e mi disse che non poteva subentrare come relatore; la mia ricerca (molto ambiziosa ed enciclopedica, roba che mai sarei riuscito a portare a termine) si riorientò, focalizzandosi.

 

Mi pare che il successo dell’insegnamento di Teoria dei modelli presso gli studenti – eravamo a centinaia, di cui molti seguivamo le lezioni e le esercitazioni – dovesse qualcosa anche all’esistenza del ponte generazionale che Tosoni svolgeva tra Garzena e gli studenti.

 

Oltre che, ovviamente, alla loro squisita gentilezza e alla loro apertura, non solo dichiarata intellettualmente, ma agita nei comportamenti. Forse senza dichiararlo, l’insegnamento offriva un’alternativa alla proposta culturale del gruppo dominante. C’era spazio per una diversità e per un qualche tipo di scambio, ancorché del tutto asimmetrico.

 

Si aveva il senso di non sapere/non capire dove si stesse andando; la retorica implicita era sperimentale, come cercando qua e là (per lo più al di fuori dell’ambito della disciplina architettonica) scampoli di teorie, o di approcci, per il riconoscimento di strutture fondamentali o archetipiche (Garzena non mi pare si sia mai espresso così ma questo è quanto interpretai allora).

 

L’orizzonte culturale di riferimento era interamente radicato nell’occidente, financo classico; i riferimenti bibliografici tendevano a coincidere con il catalogo Einaudi. Era come se la trasmissione della cultura (l’unica riconosciuta come tale) fosse sentito come un dovere didattico al di là della propria condivisione ideologica.

 

Nella didattica, nulla permeava dell’attività professionale, pure fondante. Come per Cavaglià, che si faceva un motivo di correttezza etica di tenerla rigorosamente separata. Curiosamente, ma forse non tanto per caso, sia per Garzena/Tosoni sia per Ceragioli/Cavaglià il processo progettuale era fondato sulla corretta identificazione dei bisogni e delle risorse disponibili, e sulla onesta formulazione di obiettivi. Per i primi due, questo si applicava anche a ritroso, nella ricerca scientifica e politica delle ragioni a partire dagli esiti quando si trattava di esercitare una lettura critica del progetto.

 

Non saprei assolutamente valutare l’efficacia degli esiti, a distanza di poco meno di quarant’anni. Eredi diretti nell’accademia non ve ne sono; il mondo è cambiato radicalmente (e stava già cambiando allora); è emersa una grande quantità di questioni allora già presenti sulla scena politico-culturale ma che non erano entrate nel catalogo, già molto largo, di temi trattati nell’insegnamento di teoria dei modelli.

Però, come allora, nella didattica universitaria credo dovrebbe esistere uno spazio lento nei tempi e largo negli stimoli, capace di dare il senso provvisorio di tenere insieme la frammentaria diversità degli interessi e delle esperienze, e di creare una temporanea comunità che esercita il piacere di condividere il confronto intellettuale.

 

Sul disegno a mano (come richiesta agli studenti e come pratica mirabile, questa sì, specificamente di Tosoni) avete già detto tutto voi curatori; come del resto avete già detto più e meglio di me su tutto il resto. Non riesco tuttavia a esimermi dal menzionarlo, ancora una volta in chiave comparativa rispetto a un oggi in cui se ne sono perse tanto la capacità quanto la motivazione.

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Andrea Bocco

Insegna Low-Impact technology e Progettazione ambientale urbana.
Si è occupato di rigenerazione urbana, sviluppo locale e community hub.
Ha fondato e diretto l’Agenzia di Sviluppo Locale di San Salvario.
Svolge ricerca sulla tecnologia nelle sue dimensioni ambientali e sociali.
Ha scritto di analisi dell’ambiente costruito; tecniche tradizionali e patrimonio vernacolare; costruzione con materiali e tecniche naturali e a basso impatto; valutazione ambientale di edifici e comportamenti umani.

Testo

Le carte di Pier tra archivi professionali e ricerche di Enrica Bodrato

Un piccolo corpus di documenti prodotti da Piergiorgio Tosoni, circa un metro lineare, è conservato presso APRi – Archivi Professionali e della Ricerca del Dipartimento DIST del Politecnico di Torino. È stato donato dalla famiglia nel giugno 2017 e documenta aspetti dell’insegnamento, della ricerca e della professione di architetto. Quest’ultima condotta prima e dopo gli anni di attività presso il Collettivo di Architettura (CoAr), attivo a Torino tra il 1960 e il 2008, cui Pier Tosoni è associato dal 1975 al 1993, anno nel quale opta per il tempo pieno nell’insegnamento. L’archivio del Collettivo di Architettura, anche grazie a lui, è conservato presso APRi. Attività progettuale e insegnamento si intrecciano, contaminandosi.

 

«Nel mio ricordo le fasi più incisive delle mie esperienze le ho vissute quando sono riuscito a stabilire tramiti riconoscibili tra i contenuti e le problematiche del lavoro di architetto con le metodologie del lavoro di insegnante, anche se si trattava di una sfida impegnativa e complessa».

Così scrive nel suo ultimo libro Lungo i sentieri dell’Architettura (2016). Dal punto di vista archivistico è parso dunque appropriato non separare questo corpus di carte, sebbene proveniente dall’abitazione e dall’ufficio al Castello del Valentino, dall’attività professionale inserendolo nella struttura dell’archivio del Collettivo di Architettura, in una serie apposita denominata Tosoni, contenuta in una sezione già esistente dedicata alla didattica.

Lì era già conservata la serie Garzena che raccoglie parte dei documenti dell’insegnamento di Biagio Garzena, architetto che come Pier Tosoni è stato docente presso la facoltà di Architettura del Politecnico di Torino e professionista, cofondatore, del CoAr. Di Garzena Pier Tosoni è assistente fino a che ne “eredita” il corso opzionale di Teoria dei Modelli per la progettazione tenuto da Garzena fino alla prematura scomparsa nel 1989.

 

L’archivio CoAr è a sua volta inserito in una più ampia raccolta di fondi documentari conservati al Politecnico di Torino presso biblioteche e dipartimenti. Raccolte documentarie di formazione interna, che fin dalle origini della scuola, nel 1859, sono state a servizio della didattica dell’architettura e delle ingegnerie o veri e propri fondi sedimentatisi quale esito di attività di ricerca, o ancora fondi di professionisti dell’architettura e dell’ingegneria che hanno avuto studio a Torino, attivi tra la seconda metà dell’ottocento e i primi anni duemila, acquisiti dall’Ateneo a partire dagli anni Sessanta del Novecento. Un patrimonio che conta oggi 40 fondi archivistici professionali quotidianamente consultati da studenti, ricercatori, docenti e professionisti. La descrizione dei fondi archivistici conservati al Politecnico è consultabile online a questo indirizzo.

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Enrica Bodrato

Enrica Bodrato è archivista con laurea magistrale in Architettura.
Nel 1997 ha cominciato a gestire gli archivi conservati presso l’allora Laboratorio di Storia e Beni culturali, attualmente APRi – Archivi Professionali e della Ricerca, struttura del DIST – Dipartimento Interateneo di Scienza, Progetto e Politiche del Territorio, del Politecnico di Torino.
Dal 2016 è anche referente della sezione Archivi della biblioteca “Roberto Gabetti” per divenire nel 2021 Responsabile dell’Ufficio che gestisce il Patrimonio Sorico dell’Ateneo, archivi e collezioni storico scientifiche.
Ha partecipato e partecipa a numerosi gruppi di ricerca curando iniziative di valorizzazione e pubblicando contributi a partire dai fondi archivistici di cui è conservatrice.

Testo

Costruttore di soldatini di Manfredo Montagnana

Per spiegare il titolo della mia riflessione sull’impegno politico e culturale di Pier inizio con alcuni ricordi personali. Il primo è  una cena a casa sua alla cui fine mi regalò uno dei suoi soldatini, con un ceno al tempo dedicato ritagliato nelle ore serali.

 

Un altro ricordo è legato alla mia ultima lezione prima della pensione. In modo del tutto inaspettato, appena finii di parlare, Pier e Roberto Monaco entrarono in aula con una bottiglia di spumante ed un panettone. Terminò tutto con  grandi clamori da parte degli studenti e molta commozione da parte mia.

 

Altri due ricordi sono più attinenti al tema proposto. Per molti anni Pier rimase un “precario”, eppure mi era ben chiaro che la sua statura fosse ben più alta dl quella di tanti cattedratici. Informato che aveva vinto un concorso a cattedra, gli telefonai esultante:  era la prima bella notizia in quegli anni in cui erano così scarse. Infine, un ultimo ricordo riguarda le riunioni della Cellula del PCI nell’aula tramezza. 

Durante i primi anni di insegnamento in facoltà, nell’ambito della didattica ebbi più rapporti con Getu (Garzena) che con Pier. Ma negli ultimi 10-15 anni Pier ed io ci incontrammo  con una certa frequenza con riferimento soprattutto ad una tesi di laurea abbastanza interessante. Fu l’occasione per verificare direttamente nel lavoro insieme quanto fosse comune il nostro modo di vedere il ruolo di docenti e quello della cultura in una società in evidente declino.

 

Questa affinità fu confermata in altra sede, quando non ero ormai più in facoltà: verso l’inizio del nuovo secolo l’Unione Culturale, di cui ero il Presidente, fu la sede in cui nacque un gruppo di architetti, ambientalisti, sociologi, economisti che ormai da parecchi anni organizza incontri sui temi dell’edilizia e dell’urbanistica. In alcuni di questi incontri ci ritrovammo ancora insieme con Pier e diversi altri nostri colleghi.

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Manfredo Montagnana

È stato Presidente per quindici anni dell’Unione Culturale Franco Antonicelli di Torino.
Dal 1940 al 1948 le leggi razziali hanno costretto la sua famiglia all’esilio in Australia dove ha acquisito l’inglese come lingua madre.
Dal 1961 al 1971 ha insegnato nelle Università di Torino e di Genova.
Dal 1971 al 1998 ha svolto corsi di Analisi Matematica, Geometria,
Geometria Descrittiva, Applicazioni della Matematica all’Economia al
Politecnico di Torino dove è stato membro del Consiglio di Amministrazione e ha diretto il Centro dei Servizi Didattici di Architettura.
Nell’anno accademico 1969-70 ha svolto ricerca presso il Mathematical
and Statistical Department dell’Università della California in Berkeley.
Ha fatto parte del Consiglio Comunale di Torino dal 2001 al 2006
partecipando ai lavori delle Commissioni Cultura e Urbanistica.
Ha ricoperto importanti incarichi nei Sindacati della Scuola,
dell’Università e della Ricerca della CGIL.
È autore di una ventina di articoli scientifici e di numerosi testi didattici di matematica.

Doc

Le esercitazioni

Una selezione delle esercitazioni del corso di Teoria dei modelli per la Progettazione tenuto da Piergiorgio Tosoni, oggi raccolte nell'APRi – Archivi Professionali e della Ricerca del Dipartimento DIST del Politecnico di Torino.

Descrivere e illustrare il significato della “Flagellazione” di Piero della Francesca_1

Descrivere e illustrare il significato della “Flagellazione” di Piero della Francesca_2

Descrivere e illustrare il significato della “Flagellazione” di Piero della Francesca_3

Tentare una variazione alla maniera di un autore prescelto, sul progetto di Palladio e sulle ottave di Tasso_1

Tentare una variazione alla maniera di un autore prescelto, sul progetto di Palladio e sulle ottave di Tasso_2

Scrivere una variazione del racconto di Borges “Tema del traditore e dell'eroe”

M. Passanti: Il mondo magico di Guarino Guarini, Toso, 1963_1

M. Passanti: Il mondo magico di Guarino Guarini, Toso, 1963_2

M. Passanti: Il mondo magico di Guarino Guarini, Toso, 1963_3

Dare una descrizione dell’edificio rappresentato, anche con l’ausilio di grafici, che sia utile per una successiva lettura critica

“La forma del tempo” di G. Kubler_1

“La forma del tempo” di G. Kubler_2

“La forma del tempo” di G. Kubler_3

Descrivere ed illustrare il significato dell’incisione “Melancolia I” di A Dürer

Delineare il progetto di una casa unifamiliare basandosi sui criteri guida adottati da Le Corbusier nel progetto e nella realizzazione della “Maison Jaoul” a Neuilly sur Seine nei primi anni ‘50_1

Delineare il progetto di una casa unifamiliare basandosi sui criteri guida adottati da Le Corbusier nel progetto e nella realizzazione della “Maison Jaoul” a Neuilly sur Seine nei primi anni ‘50_2

Si chiede il progetto di un “mural” da realizzarsi sul fronte interno del muro di cinta lungo viale Mattioli_1

Si chiede il progetto di un “mural” da realizzarsi sul fronte interno del muro di cinta lungo viale Mattioli_2

Si chiede il progetto di un “mural” da realizzarsi sul fronte interno del muro di cinta lungo viale Mattioli_3

Si chiede il progetto di un “mural” da realizzarsi sul fronte interno del muro di cinta lungo viale Mattioli_4

Si chiede il progetto di un “mural” da realizzarsi sul fronte interno del muro di cinta lungo viale Mattioli_5

Casa Loos_1

Casa Loos_2

Casa Loos_3

Casa Loos_4

Casa Loos_5

Casa Loos_6

Casa Loos_7

Prospetto di un edificio da: “La vittoria di S. Giorgio” di V. Carpaccio. Ricostruire piante e sezioni principali_1

Prospetto di un edificio da: “La vittoria di S. Giorgio” di V. Carpaccio. Ricostruire piante e sezioni principali_2

Prospetto di un edificio da: “La vittoria di S. Giorgio” di V. Carpaccio. Ricostruire piante e sezioni principali_3

Prospetto di un edificio da: “La vittoria di S. Giorgio” di V. Carpaccio. Ricostruire piante e sezioni principali_4

Prospetto di un edificio da: “La vittoria di S. Giorgio” di V. Carpaccio. Ricostruire piante e sezioni principali_5

Possibili esempi di barbarismi, dialettismi, arcaismi e neologismi tratti dalla storia dell’architettura

Crediti

Un progetto di
Circolo del Design

 

A cura di
Maurizio Cilli
Sara Fortunati
Stefano Mirti

 

Con il patrocinio di
Città di Torino


Maggior sostenitore
Fondazione Compagnia di San Paolo

 

Con il contributo di
Regione Piemonte

 

Finanziato da
Unione europea – Next Generation EU

 

Il Circolo del Design è sostenuto da
Camera di commercio di Torino

 

Episodio 03
A lezione con Piergiorgio Tosoni

 

Direzione
Sara Fortunati

 

Curatela
Maurizio Cilli
Stefano Mirti

 

Coordinamento di progetto
Marilivia Minnici
Nicholas Sabena

Graphic Design
Studio Grand Hotel

 

Piattaforma web
NewTab Studio

 

Contributi critici a cura di
⁠Riccardo Balbo
Andrea Bocco
⁠Enrica Bodrato
Manfredo Montagnana 

 

Comunicazione
Marta Della Giustina
Beatrice Vallorani

 

Project controller
Enza Brunero

 

Fundraising
Rossana Bazzano

 

Segreteria organizzativa
Dana Segovia

 

Amministrazione
Aline Nomis

 

Intern
Ludovica Caputo
Ludovica Marengo

 

Un ringraziamento speciale a
Marina Villone
Giulia Tosoni